Relazione “Lavoratori Portuali e Lavoro Usurante”

Ai sensi di quanto disposto dall’art. 1, comma 1, del D. Lgs. 11 agosto 1993 n. 374 “sono considerati lavori particolarmente usuranti quelli per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee”. Alla luce di tale definizione, all’interno del lavoro portuale sono sicuramente riscontrabili, nelle varie mansioni operaie, diversi requisiti su cui un condivisibile ragionamento non potrebbe fare altro che valutare questi lavoratori sotto nuova luce, riconoscendo ad essi lo status del lavoro fortemente usurante, in cui a nostro avviso si rientra a pieno titolo. Gli operai specializzati dei porti, ovvero operatori di banchina e su nave che si occupano di carico e scarico merci da e per nave, in container, merce sfusa, contenitori IMO, fuori sagoma, servizi alle navi ormeggiate, etc., svolgono il loro lavoro saturando tramite lavoro a turni h24 l’orario settimanale. Specifichiamo di seguito alcune peculiarità della categoria: 1. LAVORO NOTTURNO. Si tratta nella maggior parte dei casi di lavoratori turnisti h24 che a rotazione sono impiegati in turni da 6/8 ore comprendenti anche i turni rientranti quindi nell’orario notturno. In merito va considerato che in linea di massima nei porti Italiani la notte è uguale al giorno, ovvero non vi sono differenze sul ciclo produttivo, che quindi si mantiene costante. Ciò a differenza di altre categorie di lavoratori svolgenti lavoro notturno, dove la notte, complice il tipo di lavoro, risulta meno gravosa in termini di impegno lavorativo rispetto ai turni diurni. 2. MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI. In merito il lavoro portuale prevede mansioni (es.: rizzatori) che svolgono movimentazione manuale dei carichi, l’esempio citato tratta di lavoratori impegnati ad agganciare/sganciare le rizze blocca container a bordo delle navi, o impegnati al twist handling in banchina, altro esempio è lo spostamento manuale della merce da un contenitore ad un altro, magari a seguito di danneggiamento del primo. 3. ESPOSIZIONE ALLE INTEMPERIE. Va considerato in merito che il lavoro portuale si svolge all’aperto, a terra in banchina o a bordo su nave, ciò avviene tanto in inverno quanto in estate, sottoponendo i lavoratori a forte stress psicofisico, basti pensare che il lavoro portuale non si ferma durante la pioggia. 4. CONDUCENTI DI MEZZI. Il lavoro portuale vede per il suo svolgimento l’impiego di mezzi meccanici complessi necessari per spostare i grossi carichi (es.: gru di banchina, straddle carrier, reach stacker, muletti, etc.). Va considerato in merito che il lavoro portuale su mezzi espone i lavoratori a forte stress posturale che si ripercuote sulle articolazioni, ciò a prescindere dalle vibrazioni, ovvero anche con vibrazioni nella norma, quindi il lavoratore in modo ripetitivo e mantenendo la postura svolge sempre le stesse azioni, gli stessi movimenti, premendo sempre le medesime leve/pulsanti, esempio lampante è lo straddle carrier, mezzo che impone una postura incongrua con cabina a circa 12 metri di altezza e guida in senso trasversale rispetto alla marcia. Se a quanto su esposto si aggiunge l’avanzamento dell’età dei lavoratori portuali in questione, risulta chiaro che occorre un provvedimento urgente per questa categoria poiché appunto l’età è sicuramente un fattore aggravante che rende meno sopportabili determinati ritmi lavorativi e rende eccessivamente gravose alcune mansioni. A nostro avviso, agire per tempo significa pure risparmio per la sanità pubblica e quindi per la collettività, infatti grazie all’uscita anticipata dal mondo del lavoro tali soggetti verrebbero automaticamente tutelati e le patologie acquisite durante gli anni di servizio manterrebbero magari la loro eziologia senza divenire croniche o irreversibili. In definitiva applicando al lavoro il significato di “usura” classificata come logoramento, deterioramento, consumo, è plausibile ritenere che il lavoro portuale determina un invecchiamento precoce. Se dovessimo chiedere riscontro alla letteratura scientifica sulla medicina del lavoro, non ci si potrebbe esimere dal riconoscere che dopo una certa età le capacità psicofisiche necessarie per l’espletamento di alcune attività particolari, magari manuali o altamente pericolose per se e per gli altri, in condizioni di efficienza e sicurezza, si riducono drasticamente (es.: riflessi di un gruista che opera da circa 40 metri di altezza movimentando carichi di diverse tonnellate). Con questo documento, sicuramente non esaustivo delle varie problematiche facilmente riscontrabili nel lavoro portuale, ma rappresentativo del problema posto alla vostra attenzione, vogliamo sottolineare la necessità di definire usurante a norma di legge il lavoro portuale, chiedendo ai Ministeri competenti di definire, in tempi celeri, un chiaro quadro normativo che consenta a tale categoria un trattamento economico dignitoso legato ad una uscita anticipata dal mondo del lavoro per l’usurante servizio svolto. Chiudiamo con una riflessione “soggetto del diritto è la persona, l’oggetto del diritto sono i beni, che sono alla base dell’Economia che muove il Paese, i beni/le merci arrivano nel paese attraverso i Porti, allora i Porti sono alla base dell’Economia”. Distinti saluti. Il Segretario Nazionale SUL/Porti Daniele Caratozzolo